Libro: LA CONDIZIONE PSICOLOGICA DELLO STUDENTE E DELLA FAMIGLIA

 

Il vissuto di malattia determina notevoli ripercussioni sullo stato fisico, emotivo e relazionale del bambino/ragazzo. In particolare, è utile comprendere quali sono i possibili effetti cognitivi ed emotivi provocati dalla patologia e dai ricoveri ospedalieri.
Anche le famiglie, di fronte alla malattia di un figlio, mostrano peculiari modalità relazionali e reattive all’evento, anche in base alla tipologia del legame affettivo e allo stile di attaccamento che caratterizza quel nucleo familiare.
La scuola può contribuire ad arginare lo sconvolgimento della vita familiare, mantenendo la continuità di un’area fondamentale in età evolutiva.

2. L’esperienza corporea

In fase iniziale la qualità dell’esperienza fisica è particolarmente rilevante ai fini dell’interpretazione soggettiva degli eventi:

  1. se un bambino/ragazzo ha sperimentato, come purtroppo a volte accade, di stare molto male (in particolare di sentirsi molto stanco, o di non riuscire a respirare, o di avere forti dolori) potrà più facilmente riconoscere il sollievo ricevuto dalle cure;
  2. se invece, come per fortuna accade frequentemente, prima della comparsa della malattia si sentiva relativamente bene, vivrà come un’aggressione gratuita gli interventi sanitari e si sentirà “tradito” dai genitori.

La comunicazione rispetto alla condizione di malattia e al programma di trattamento favorisce una visione più realistica e sostiene l’avvio dell’alleanza terapeutica.

In ogni caso il corpo, colpito dalla malattia ed oggetto degli interventi diagnostico-terapeutici, diventa sede di  debolezza e di difetti, anziché essere base di sicurezza, strumento di realizzazione e trampolino di lancio per la crescita.

Un sintomo comune come l’astenia (stanchezza importante e continuativa), che comporta una riduzione notevole della normale attività motoria, si associa a intense angosce, perché fa sentire perse le energie vitali come ben enunciato dall’espressione «stanco morto».

Analogamente inquietanti risultano le modificazioni di ritmi e di funzioni corporei (sono, appetito, ecc.)

Rispetto ai trattamenti, in generale i timori maggiormente emergenti riguardano la compromissione e la sofferenza fisica, con una notevole variabilità individuale, per cui anche un semplice prelievo venoso può costituire una violazione dell’integrità e comportare un vissuto di danno. Quando sono necessari innumerevoli “buchi”, un ausilio prezioso è rappresentato dal catetere venoso centrale, che consente di evitarli, ma richiede un’accurata gestione e comporta esso stesso una perdita di integrità del proprio confine corporeo, accompagnata talora da sentimenti di vulnerabilità e/o di vergogna, particolarmente pesanti in adolescenza, quando il confronto con gli altri si gioca sul corpo.

Già in preadolescenza la bassa statura e il ritardo puberale comportano sentimenti di inferiorità e di inadeguatezza.

Ad ogni età sono emotivamente significative tutte le modificazioni corporee importanti, anche transitorie, che possono sostenere crisi d’identità o angosce di metamorfosi. Trasformazioni somatiche meno rilevanti si accompagnano comunque a sentimenti di estraneità a sé più o meno intensi.

Particolare rilevanza assumono gli interventi mutilanti: quando sono interessati gli organi interni prevalgono i vissuti e le fantasie di manipolazione e di svuotamento, mentre rispetto alle parti visibili si manifestano difficoltà nella partecipazione alla vita sociale. Il proprio corpo diventa oggetto di sguardi e di curiosità, che ne sottolineano la differenza, rendendola ancora più inaccettabile. I progressi nel settore della chirurgia plastica e la disponibilità di protesi perfezionate consentono oggi in molti casi un compenso a livello funzionale ed estetico, ma non possono restituire l’integrità.

Quando è interessato il Sistema Nervoso Centrale, si configurano deficit funzionali, che provocano un’importante destabilizzazione dell’identità personale, con una conseguente modificazione della qualità della vita: si delinea una condizione di disabilità, per cui occorre effettuare una più o meno importante riorganizzazione del sé precedente, nonché dei progetti futuri ad ampio raggio, anche rispetto al percorso scolastico e alla successiva realizzazione professionale.

In caso di dolore fisico, che già in ambito fisiologico richiama non solo alla sensibilità vitale, ma anche alla fragilità e alla vulnerabilità del corpo, in ambito patologico sono sollecitate emergenze di angoscia e/o di rabbia e si aprono orizzonti di profonda solitudine esistenziale.

Provare un forte “male” sottolinea la separatezza anche dai familiari, che in quel momento prestano assistenza con amorevolezza e partecipazione


Molto facilmente nel bambino/ragazzo malato l’esperienza del dolore assume le caratteristiche del dolore totale, in quanto interessa la sfera emotiva, il campo relazionale e l’ambito spirituale, attivando ricerche di senso. L’impegno dei curanti di  ridurre al minimo il dolore fisico è costante, ma la sofferenza emotiva permane;  non va negata né minimizzata (con manovre di distrazione, rassicurazione, ecc.), ma va considerata opportunamente per alleggerirla e incontrata apertamente nella relazione terapeutica per condividerla, con un atteggiamento di accompagnamento positivo e rispettoso.